L'arte
di negoziare (I parte)
In un
mondo di ruoli sempre più elastici in cui quasi tutto
viene discusso o negoziato sia nella vita professionale
sia in quella privata, saper trattare con gli altri è
diventato essenziale. Cinque piccole regole e qualche
consiglio per arrivare dove si vuole salvando capra e
cavoli.
Tutti
negoziamo, ogni giorno, per ottenere piccoli o grandi
miglioramenti, piccole o grandi cose che per noi sono
importanti e che possiamo ottenere solo comunicando con
gli altri e cercando di trovare un accordo in tutte
quelle situazioni in cui i nostri interessi in parte
coincidono, ma in parte divergono, dai loro. La prima
buona notizia è che a negoziare si impara. La
seconda è che le regole non sono molte, e non sono
neppure molto complicate.
Tutti potremmo
essere buoni negoziatori, anche se a molti di noi non
piace discutere. Spesso consideriamo le trattative dei
veri e propri confronti in cui se siamo troppo morbidi
perché vogliamo preservare il rapporto finiremo per
mancare il nostro obiettivo, e se invece siamo troppo
duri rovineremo i rapporti e alla fine perderemo tutto,
relazione e risultato. Quello che dovremmo fare,
invece, è essere duri sul problema, e morbidi con le
persone. Perché un negoziato serve proprio a questo, ad
affrontare un problema con qualcun altro senza la
cui collaborazione non ci può essere alcun risultato.
Se infatti risolvere i problemi insieme è la
chiave di volta di questa strategia, allora il negoziato
non sarà più basato sulle reciproche posizioni di
forza, ma sugli interessi comuni, ossia sulle
preoccupazioni, le paure e i desideri che motivano noi e
l'interlocutore.
Vediamo ora
quali sono le principali barriere alla collaborazione.
La nostra
reazione. Il
primo problema siamo noi, e la nostra tendenza a reagire
quando siamo stressati, quando l'altro ci dice “no”,
quando ci sentiamo attaccati e reagire rabbiosamente è
il primo istinto disponibile. Naturalmente, la nostra
reazione non fa altro che perpetuare il ciclo,
provocando una controreazione dello stesso tono che nel
caso migliore lascia al tavolo del negoziato due
perdenti, nel peggiore ci fa abbandonare la trattativa
perché questo ci sembra l'unico modo per preservare il
rapporto da disastri irreparabili, oppure ci fa perdere
su tutti i piani, compromettendo in una sola volta
rapporti e risultati.
La loro
reazione. Quando
qualcuno ci attacca, è impossibile non avvertire rabbia
e ostilità. Dietro la posizione rigida del nostro
interlocutore può nascondersi la paura, o la mancanza
di fiducia nei nostri confronti. Il nostro interlocutore
può essere convinto di avere ragione e rifiutarsi di
ascoltarci, oppure è convinto che a questo mondo si
mangia o si è mangiati, e questo lo autorizza a
ricorrere ai colpi bassi o a essere sgradevole o
cattivo.
La loro
posizione. In un
confronto ideale, le due parti affrontano il problema e
lo aggrediscono insieme per cercare di risolverlo.
Purtroppo, è un caso raro. In molte situazioni la
controparte può essere davvero in una posizione di
forza, e per questo si sente autorizzata a farvi ricorso
per costringerci a mollare la presa. Ci sono moltissime
persone che credono che questo sia l'unico modo per
affrontare un conflitto, e che cedere anche di poco, in
una trattativa, significhi arrendersi alle ragioni
dell'altro – una cosa che non accetterebbero mai.
La loro
insoddisfazione.
A volte capita di negoziare per ottenere un risultato
che è importante per noi, ma non per il nostro
interlocutore. Il nostro obiettivo, semplicemente, non
gli interessa. Oppure, e purtroppo può capitare, le
nostre idee non gli interessano solo perché sono le
nostre, perché vengono da noi.
La loro forza.
Che cosa succede quando gli altri vivono ogni rapporto
come un confronto in cui si vince o si perde? La
risposta è semplice: faranno di tutto per batterci. In
altre parole, se uno può ottenere ciò che desidera
usando la forza o i giochi di potere, perché mai
dovrebbe collaborare?
Insomma, il
negoziato è spesso una strada lastricata di difficoltà
perché il nostro è un mondo di emozioni e reazioni
forti, di posizioni rigide, di insoddisfazioni potenti e
di aggressività che rendono improbabile, se non
impossibile, raggiungere un risultato per vie dirette.
L'essenza di questa strategia è infatti basata sull'azione
indiretta e su un principio fondamentale, che è
quello di non giocare mai, in nessuna circostanza
e qualunque sia la pressione esercitata su di noi, il
gioco del nostro interlocutore.
In parole
povere, questo significa fare il contrario di quello che
l'altro si aspetta che faremo, e soprattutto, il
contrario di quello che faremmo, seguendo l'istinto e le
emozioni, in una situazione difficile: resistere al
desiderio di contrattaccare se veniamo aggrediti, di
essere ostili se l'altro lo è, di rifiutare una
proposta inaccettabile invece di aumentare il numero di
opzioni da analizzare, di insistere sulle proprie
posizioni se l'altro diventa intransigente. Cedere a
queste tentazioni in genere produce un solo risultato,
la frustrazione di non averne raggiunto nessuno e la
sensazione di essere stati manipolati e di aver giocato,
mossa dopo mossa, il gioco degli altri anziché il
proprio.
L'opportunità
più importante che qualsiasi negoziato comporta per noi
è precisamente quella di cambiare il gioco,
trasformando un confronto in uno sforzo comune per
trovare una soluzione soddisfacente per tutte le parti
in causa. Mettersi in questa posizione significa
cambiare punto di vista: l'interlocutore non è un
nemico, ma un partner; e ogni singolo aspetto spinoso di
una trattativa non è un ostacolo, ma un'opportunità
per raggiungere un obiettivo comune. Infatti, gli sforzi
diretti che mirano a ridurre la resistenza degli altri
di solito finiscono solo per aumentarla, ed è
esperienza di tutti i giorni che spesso è più facile
aggirare un ostacolo, piuttosto che eliminarlo.
Negoziare bene non significa imporre agli altri
il proprio punto di vista, calandolo dall'alto magari in
modo martellante, significa invece incoraggiarli a
condividere un'opinione che ancora non hanno. Significa,
in parole povere, creare un ambiente negoziale nel quale
gli sia data l'opportunità di conoscere opinioni
diverse dalle proprie, partendo dal presupposto che solo
loro, da soli, possono vincere le proprie resistenze, e
che la miglior cosa che possiamo fare è aiutarli a
farlo. Fra un “no” iniziale e un “sì” finale si
collocano le cinque resistenze cui abbiamo accennato
sopra. Nella seconda parte di questo articolo ci
occuperemo di come vincerle, in cinque semplici passi.
Leggi
anche: l'arte di negoziare (II parte)
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