Quagliotti e Tanganelli, Commercialisti e Revisori Contabili a Firenze

I ricchi sono ricchi perché sono più in gamba degli altri?

“I soldi sono il mio primo, il mio più grande, il mio unico amore.”
Armand Hammer

Le ricerche hanno identificato decine di fattori sociali che contribuiscono alla conquista della ricchezza, e la maggioranza degli studi accademici ha dimostrato che l’intelligenza e il merito spiegano solo in parte l’accesso alla ricchezza.

Un’indagine indipendente condotta sulle società Fortune 500, le 500 aziende più grandi del mondo, ha rilevato che raramente vi è correlazione tra i salari esplosivi dei dirigenti e la redditività dell’azienda che dirigono.

Anche se una frangia conservatrice e libertaria sostiene che le ineguaglianze di reddito tra gli individui sono dovute soprattutto al merito, e che i ricchi diventano tali perché lavorano di più, si impegnano con maggiore tenacia o sono più in gamba degli altri, ricerche e studi empirici hanno individuato alcuni elementi che contribuiscono ad alimentare le disuguaglianze, soprattutto in concomitanza di mercati poco sviluppati. Per gli adulti, il merito personale contribuisce al successo quasi sempre se associato ad altri fattori, alcuni controllabili e alcuni ai quali purtroppo non resta che arrendersi, tra i quali: l’accesso all’istruzione, le opportunità di addestramento, il tipo di personalità, l’attrattività fisica, la statura, le capacità atletiche, la ricchezza  familiare o la posizione ereditata, il nepotismo, il pregiudizio, le connessioni sociali e d’affari, la conoscenza personale di qualcuno che ha successo, i cicli economici, le pratiche scorrette del mercato. Oltre, naturalmente, all’essere al posto giusto al momento giusto.

Per quanto possa sembrare ingiustificabile, studi attendibili hanno dimostrato che a parità delle altre condizioni,essere belli e alti è più redditizio che essere ordinari o bassi di statura. Gli esempi sono infiniti. Una ricerca condotta dall’università del Texas ha mostrato per esempio che tra gli avvocati la prestanza fisica comporta tempi più rapidi di promozione. In un periodo di 15 anni, gli avvocati più attraenti guadagnano in media il 13% in più degli altri.

Un altro fattore determinante nel raggiungere posizioni economiche di spicco è rappresentato dalla ricchezza della famiglia di origine. Nel 1989, un terzo di tutti gli americani che guadagnava più di un milione di dollari all’anno aveva iniziato la propria attività grazie a una fortuna ereditata. Ancora più diffusa è inoltre la pratica della cosiddetta “living inheritance”, grazie alla quale i vantaggi vengono trasmessi tra vivi dai genitori ai figli: garantire un’istruzione migliore, fornire capitale di rischio per eventuali iniziative economiche, mettere i figli in posizione vincente in un mondo sempre più competitivo.

Non è tutto oro…

“L’eredità ha effetti sfavorevoli sulla creazione della ricchezza, e il mercato azionario ne fornisce la prova forse più lampante. Quando una società quotata nomina amministratore delegato un discendente del fondatore, le quotazioni perdono l’uno per cento, mentre guadagnano il due per cento se la società nomina un esterno. Le società gestite da un discendente del fondatore fanno registrare un calo del rendimento degli investimenti pari
al 18 per cento nei due anni successivi alla nomina.”

Raghuram G. Rajan, Luigi Zingales, Salvare il capitalismo dai capitalisti - Einaudi, 2004

Ugualmente importanti nel determinare il successo futuro sono i cosiddetti “childhood factors” (fattori infantili). I sociologi ne hanno identificati molti, tra i quali: il numero di fratelli e sorelle e l’ordine di nascita, il grado di istruzione dei nonni, le aspettative e le aspirazioni dei genitori, la religione della famiglia, l’età della madre alla nascita dei figli, il reddito medio e la composizione razziale della comunità di origine, il tempo trascorso dalla madre nel mercato del lavoro, la struttura familiare (entrambi i genitori, un solo genitore, genitori separati o divorziati), ma anche tutto ciò che riguarda la quantità e la qualità degli stimoli ricevuti nell’ambiente familiare, come le capacità emotive e verbali della madre nell’interazione con i figli, la presenza di adeguati materiali per il gioco, la quantità e la qualità del coinvolgimento materno, lo stimolo dei genitori a partecipare ad attività intellettuali, l’affetto dei genitori o la loro indifferenza. Infine, emergono dalle indagini altri fattori ancora, quali la lingua parlata in famiglia, la spinta familiare all’individualismo o al conformismo, l’origine etnica dei genitori e lo statuto di immigranti, e infine il grado del coinvolgimento familiare nelle attività scolastiche.

Quanto è ampio il ruolo giocato dai vari fattori?
Una stima che ha fatto discutere si trova nel controverso testo The Bell Curve, di Richard Herrnstein e Charles Murray. I due ricercatori hanno condotto un’indagine di lungo periodo su 12.000 giovani adulti, e hanno concluso che l’intelligenza è un fattore predittivo molto più accurato rispetto allo statuto socioeconomico infantile (SES, Socioeconomic Status). Per esempio, un bambino di razza bianca cresciuto nel 5% inferiore del SES ha una probabilità 8 volte maggiore di diventare un adulto povero rispetto a un bambino di razza bianca cresciuto nel 5% superiore del SES. Ma un bambino con un quoziente intellettuale basso ha una probabilità 15 volte maggiore di diventare un adulto povero rispetto a un bambino con un quoziente intellettuale elevato. L’analisi di Herrnstein e Murray è stata oggetto di violente critiche perché la loro definizione del SES tiene conto di tre soli parametri: reddito dei genitori, occupazione, e grado di istruzione. Nell’intento di ottenere un’immagine più realistica della situazione, alcuni sociologi hanno assemblato un indice SES più completo, con il quale hanno rianalizzato i dati impiegati da Herrnstein e Murrey. Un’équipe dell’università di Berkeley guidata da Claude Fischer  ha prodotto un testo fondamentale, Inequality by Design. All’indice SES di Herrnstein e Murray, Fischer e il suo gruppo hanno aggiunto la dimensione della famiglia, la presenza di entrambi i genitori, la residenza geografica e altri fattori sociali. A conclusione dei nuovi calcoli, risultava che i fattori sociali predicevano il futuro successo molto meglio del quoziente intellettuale. In base ai risultati dell’indagine, Fischer conclude: “se potessimo per magia dare a tutti un quoziente intellettuale identico, vedremmo ancora il 90-95% delle ineguaglianze che vediamo oggi”.

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