Toro
contro orso: l’idiota fortunato e altre consolazioni
”I
soggetti vigorosi, quelli sani e quelli felici
sopravvivono e si moltiplicano.”
Charles Darwin
Nell’ecosistema
del mercato vige una legge fondamentale secondo la
quale l’uomo comune, il tipico consumatore di
titoli, azioni, obbligazioni, opzioni, mutui, fondi e
derivati, si trova alla fine della catena
alimentare della speculazione finanziaria e non al
suo inizio, non là dove prosperano i carnivori, ma
dalla parte opposta, quella del “pubblico” avido e
sognatore ma spesso incompetente e disinformato,
ottimista, gregario e suggestionabile, che fa la mossa
meno indicata nel momento più sbagliato ed è
convinto che la Borsa lo farà ricco. E’ il pesce
piccolo, si agita freneticamente nel day-trading,
crede nelle previsioni dei guru e soprattutto non
sa fare i conti - caratteristiche che fanno
di lui la preda ideale. Eppure, in borsa ci si può
arricchire più che in qualsiasi altro tipo di
investimento. Tre docenti della London School
of Economics hanno calcolato che chi avesse
investito in azioni comuni nella borsa americana un
solo dollaro nel 1899 e avesse reinvestito anche gli
interessi si sarebbe trovato a possedere, nel 2001, un
milione e mezzo di dollari. Tuttavia, pur descrivendo
un fenomeno su una serie temporale statisticamente
significativa (101 anni), lo studio della LSE non solo
non è in grado di spiegarlo se non in virtù di una
coalescenza straordinaria e non misurabile di fattori
(tecnologia, liquidità, diversificazione, libertà di
scambio, vittoria del capitalismo sul socialismo…),
ma soprattutto non ha alcun valore predittivo:
il fatto che nel XX secolo le azioni abbiano reso
molto più degli altri investimenti (negli USA e in
altri 16 paesi) non significa che il trend
proseguirà anche nel secolo attuale. Perché?
Perché i cicli economici variano in continuazione e i
fenomeni legati al mercato sono fortemente
condizionati dal caso.
L’influenza
vertiginosa del caso
non solo in borsa, ma in quasi tutte le cose della
vita, potrebbe fornirci qualche utile consolazione nel
caso possediamo una Rolls-Royce. In genere quando
raggiungiamo il successo tendiamo ad attribuirlo alle
nostre capacità, mentre tendiamo ad attribuire le
nostre sconfitte alla sorte. Invece è vero anche il
contrario: possiamo giudicare il successo delle
persone sulla base dei loro risultati e della loro
ricchezza? A volte, ma non sempre. “I risultati
eccellenti di molti uomini d’affari possono non
essere migliori di una strategia basata su freccette
tirate a caso”, scrive Nicholas Taleb. E’ il
trionfo degli “idioti fortunati”, persone
che sono allo stesso tempo “tra le meno dotate e le
più ricche”.
Nella definizione di Henry Crosby Emery, docente alla
Columbia University, la speculazione vincente “è la
lotta di un’intelligenza ben attrezzata
contro la forza bruta del caso”. Ecco perciò alcuni
consigli per partecipare al grande banchetto
del mercato senza rimetterci le penne, in un elenco
ovviamente non esaustivo:
-
primo
obiettivo: sopravvivere. I trader che
fanno fortuna vivono dei propri guadagni, non dei
propri investimenti. Il denaro per uso speculativo
è quello che avanza dopo che casa, famiglia e
sopravvivenza sono protette dai rovesci di fortuna
e dalle oscillazioni improvvise dei mercati. Un
buon modo per ridurre il rischio è la
diversificazione, ma con cautela: la riduzione
del rischio diminuisce al crescere del
numero di azioni in un portafoglio
-
avere
una via di fuga,
cioè proteggersi dal rischio. “Tutti i trader
che sono sopravvissuti fanno trading sulla
scorta di idee basate su qualche osservazione (che
include la storia passata) ma si assicurano che i
costi degli errori siano limitati (e non derivano
le loro probabilità dai dati passati). Sanno prima
di entrare in una posizione quali sono gli
eventi che proverebbero che la loro congettura è
errata, e ne tengono conto. Nel caso che quegli
eventi si verifichino, chiudono la posizione.
Questa strategia è detta “stop-loss”, un
punto di uscita predeterminato”
“Ci si dimentica spesso che non sono la stima o la
previsione quel che conta, ma il livello di
confidenza che le accompagna. La mia
attività nel mercato non dipende tanto da dove penso
che il mercato andrà, ma dal margine di errore
che riconosco alle mie previsioni.”
-
ecologia
mentale.
Nella massa quotidiana delle news, l’informazione
è pochissima. Un esempio tra migliaia: una
variazione di 1.03 punti, quando il Dow Jones
è a un livello di circa 11.000, costituisce un
movimento dello 0.01 percento e “non giustifica
una spiegazione. Non c’è niente che una persona
onesta possa provare a spiegare, nessuna ragione
da addurre”, scrive Taleb. Chi crede di
accumulare conoscenza passando senza sosta dal
monitor alla stampa specializzata in realtà
aumenta il rischio di essere manipolato
inconsapevolmente dalla propaganda finanziaria che
lo spinge quasi sempre nella direzione sbagliata. Meno
informazione o perfino nessuna informazione
sono condizioni preferibili all’inquinamento
da notizie, perché una volta che si è stati
esposti a un dato è più difficile “comportarsi
come se si fosse ignoranti che come se si fosse
intelligenti. E’ emozionalmente più difficile
rifiutare un’ipotesi che accettarla"
-
gli
oracoli.
“Chiedi a cinque economisti e otterrai cinque
risposte diverse (sei se uno ha studiato ad
Harvard)”, ironizza John Kenneth Galbraith.
Ricordare che per un “esperto” qualunque cosa
è meglio della pagina bianca e che i movimenti
quotidiani del mercato sono quasi sempre correlati
casualmente a fattori effimeri del giorno.
La natura dispersa dell’informazione economica e
la continua variazione dei cicli rendono ardui i
tentativi di pianificazione, e la preponderanza
del caso rende difficilissimo fare previsioni.
Tranne quelle manipolate ad arte:
raccomandazioni
degli analisti, gennaio 1997-dicembre 2001
anno
|
no.
raccomandazioni
|
comprare
(%)
|
tenere
(%)
|
vendere
(%)
|
1997
|
425.087
|
74.0
|
23.7
|
2.3
|
1998
|
748.450
|
67.8
|
30.4
|
1.8
|
1999
|
1.010.235
|
67.1
|
30.9
|
2.0
|
2000
|
1.373.107
|
73.3
|
25.0
|
1.7
|
2001
|
1.482.100
|
65.3
|
32.0
|
2.7
|
|
fonte:
Bloomberg L.P.
|
|
|
|
-
gli
specchietti per le allodole.
“Siamo esperti in tutto”, spiega in
un’intervista a Business Week
l’amministratore delegato di Cisco Systems
qualche giorno prima che il titolo crolli. Spesso
“siamo i numeri 1” significa “non per
molto”, e alcune dichiarazioni roboanti degli
amministratori delegati servono non solo ad
attrarre capitale e a dare agli analisti
esattamente quello che vogliono sentire, ma
talvolta anche a vendere i propri debiti
accollandoli al mercato: “lo faremo ancora nel
prossimo decennio” prometteva Kenneth Lay di
Enron annunciando agli azionisti di aver
moltiplicato per nove il valore della società tra
il 1990 e il 1999…
-
le
intuizioni fallaci.
“Conta! Conta! Conta!” era il motto del padre
della statistica Francis Galton. Se la propaganda
di settore annuncia di aver trovato una nuova
correlazione che produce previsioni infallibili, o
se se la scoperta è vostra, prendere carta, penna
e una calcolatrice, o un buon software, e
verificare per quanto possibile se la correlazione
è vera o falsa. Attenzione in particolare
alle serie temporali troppo piccole, a trascurare
l’influenza del caso, all’omissione di una
terza variabile che causa le altre due, agli
errori nell’aggregazione dei dati e alle
scorciatoie: se si individuasse che il mercato
sale il lunedì, questa regolarità verrebbe
immediatamente cancellata da tutti coloro che
comprano il venerdì per anticipare l’”effetto-lunedì’”…
”Ho
appena completato un approfondito esame statistico
della vita del presidente Bush. Per cinquantacinque
anni, quasi sedicimila osservazioni, non è mai morto
neanche una volta.
Posso quindi affermare che è immortale, con un alto
grado di significatività statistica.”
-
“anche
un orologio rotto segna l’ora giusta due volte
al giorno”.
Il gestore di fondi che ha avuto un rendimento
del 327% negli ultimi 10 anni è molto, molto
bravo. Forse. Infatti, grazie a una
particolare distorsione si avrà notizia solo dei
gestori sopravvissuti: chi ha fallito, e di solito
si tratta della maggioranza, scompare. Ne segue
che il successo decennale del nostro gestore non
ha un valore assoluto, ma è determinato dal
numero totale di gestori in azione nello stesso
periodo e dal contenuto di casualità della
professione, o in altri termini, “senza sapere
quanti gestori hanno provato e fallito non saremo
in grado di valutare l’attendibilità della performance
storica”. Dalla distorsione da sopravvivenza
discende un fenomeno noto come selezione
avversa. Poiché il panorama mostra solo i
sopravvissuti, raddoppiare l’attenzione per gli
investimenti di cui si viene a sapere piuttosto
che per quelli che si sono cercati direttamente.
Infine, su una cosa tutti i manuali per aspiranti
speculatori si trovano d’accordo: se qualcuno vi
propone l’affare del secolo, scappate
-
non
c’è norma sulla trasparenza, regola per la
stesura dei bilanci, minaccia di sanzione o
dispositivo di legge che possa impedire di farlo a
chi vuole truccare i conti. Gli scandali di oggi,
endemici del capitalismo, si ripeteranno anche
domani. Il piccolo risparmiatore è avvisato: il
gioco è truccato, l’uomo comune non ha le
stesse possibilità dei grandi investitori e degli
addetti ai lavori. “Il capitalismo, scrive
Thurow, è come un immenso casinò dove il banco -
i grossi giocatori - arraffa sempre la fetta più
grossa, e nessun governo potrà mai garantire
ai piccoli giocatori le stesse probabilità di
vincita.”
Dimson,
Marsh, Staunton, Triumph of the Optimists: 101
Years of Global Investment Returns, Princeton
University Press, 2002
Nassim
Nicholas Taleb, Giocati dal Caso, Il
Saggiatore, 2001
Lester
C. Thurow, La fortuna aiuta gli audaci, Il Sole
24 ore, 2004
[torna
indietro] [torna su] [tutti
gli articoli]

|