Perché l’inverno è un grande amico dell’umanità.
Delle
trenta nazioni considerate ricche dalla Banca
Mondiale, solo due - Hong Kong e Singapore - sono
comprese tra il Tropico del Cancro e il Tropico del
Capricorno. La disposizione geografica delle
nazioni può
spiegare molto della distribuzione mondiale del
reddito. Anzi, secondo l’esperto Jeffrey Sachs,
“date la diversa storia politica, economica e
sociale delle regioni del globo, non può essere
una coincidenza che quasi tutte le nazioni tropicali
siano ancora sottosviluppate all’inizio del
ventunesimo secolo”.
Il clima tropicale è magnifico per le vacanze, ma
perché è così negativo per tutto il resto? Secondo
gli esperti, la risposta è che le elevate temperature
e le abbondanti piogge sono inadatte alla
produzione del cibo ma molto adatte alla
diffusione delle malattie. Ecco perché due delle
maggiori conquiste dei paesi ricchi, la produzione
efficiente del cibo e la conquista della salute, sono
così difficili da replicare nei climi ostili. Perché
gli abitanti di Stoccolma non soffrono di malaria?
Perché gli inverni freddi uccidono le zanzare, non
perché gli scienziati abbiano sconfitto la malattia.
Da una trappola all’altra, i paesi più sfavoriti
faticano a uscire dalla povertà, anche (ma non solo)
perché la maggior parte dei popoli si dedica a
un’agricoltura di sussistenza a bassa produttività:
i loro raccolti, e quindi le loro vite, stentano a
migliorare in presenza di suoli poveri, di
precipitazioni inaffidabili e di epidemie croniche.
Abitiamo un mondo di diversità e di ineguaglianza,
che possiamo a grandi linee dividere in tre tipi di
nazioni: quelle in cui si spendono molti soldi per
controllare il peso; quelle in cui la gente mangia per
vivere; e quelle in cui il popolo non sa se arriverà
al prossimo pasto. Insieme a queste differenze
troviamo contrasti stridenti nelle percentuali di
malati e nell’aspettativa di vita. Gli abitanti
delle nazioni ricche si preoccupano della vecchiaia,
che diventa sempre più lunga: vanno in palestra per
restare in forma, controllano e combattono il
colesterolo e i trigliceridi e si consolano con
eufemismi come “l’età d’oro” o “la terza età”.
“Giovane” è bello, “vecchio”, scoraggiante e
problematico. Nel frattempo, chi vive nei paesi poveri
cerca di sopravvivere.
Il
gap in termini di ricchezza e salute che
separa ricchi e poveri nel mondo rappresenta la nostra
grande sfida e una delle minacce più gravi per il
nostro futuro. In genere si usa una divisione
geografica che distingue il nord del mondo, quello
ricco, dal sud del mondo, quello povero, “ma
dovremmo ricorrere a un indicatore molto più
significativo” – scrive Landes nel suo capolavoro
– “quello tra “the West and the rest”,
tra l’Occidente e tutto il resto - perché la
divisione è anche storica”. La differenza nel
reddito procapite tra le nazioni industriali più
ricche, per esempio la Svizzera, e la più povera
nazione non-industriale, il Monzambico, è di 400 a 1.
Duecentocinquant’anni fa, la differenza tra i paesi
più ricchi e quelli più poveri era più o meno di 5
a 1, e la differenza tra l’Europa e l’Asia
orientale o meridionale, tanto per fare un esempio,
era di 1.5 o 2 a 1.
“Il
nostro compito”, scrive Landes, “nel nostro
interesse e nel loro, è di aiutare i poveri a
diventare più ricchi e più sani. Se non lo facciamo,
essi cercheranno di prendere ciò che non possono
produrre; e se non possono guadagnare esportando beni,
esporteranno persone”. In breve, secondo
l’autore, la ricchezza è un magnete
irresistibile, e la povertà “è un
contaminante impetuoso che non può essere
segregato”. La nostra pace e la nostra prosperità
dipendono nel lungo termine dal benessere di tutti gli
altri.
Chi
ha l’inverno e chi no…
Sulla mappa del mondo in termini di prodotto o reddito
procapite, i paesi ricchi si trovano in zone
temperate, particolarmente nell’emisfero
settentrionale, quelli poveri nelle zone tropicali o
subtropicali. Come scrisse John Kenneth Galbraith,
“se uno tracciasse una riga di circa duemila miglia
in larghezza circondando la terra all’equatore, si
accorgerebbe che in quest’area non v’è alcun paese
sviluppato. Ovunque lo standard di vita è basso e la
durata della vita è breve”. Il mondo mostra
un’ampia gamma di temperature e di modelli di
temperature che riflettono la posizione,
l’altitudine e la declinazione del sole. Queste
differenze influenzano direttamente il ritmo di
attività di tutte le specie: dove fa freddo,
negli inverni del nord alcuni animali si arrotolano su
se stessi e vanno in letargo; nei deserti
incandescenti e senza ombra lucertole e serpenti
cercano un po’ di refrigerio sotto i sassi o
all’interno della terra. L’umanità cerca di
evitare gli estremi: la gente passa ma non si
ferma, e solo l’avidità legata alla scoperta di oro
o del petrolio,
o i doveri della ricerca scientifica possono
superare una ripugnanza razionale per certi climi, o
giustificarne i costi. In linea generale, suggerisce
Landes, “gli svantaggi del caldo sono superiori a
quelli del freddo”.
Tre quarti dell’energia prodotta dai muscoli che
lavorano prende la forma del calore, che come in
qualsiasi macchina o motore, il corpo deve eliminare
per mantenere una temperatura adeguata alla
sopravvivenza. Purtroppo, l’essere umano ha pochi
strumenti biologici per questo scopo. I climi caldi e
umidi riducono l’effetto rinfrescante della
traspirazione, perciò la soluzione più semplice per
mantenere una temperatura corporea sopportabile
consiste nello stare fermi e non generare calore, in
altre parole “restare immobili e non lavorare”.
Non a caso, segnala Landes, “il lavoro degli
schiavi è storicamente associato ai climi tropicali e
semitropicali. E lo stesso principio si applica
anche alla divisione del lavoro per genere: nelle
terre calde, le donne lavorano nei campi e si occupano
della casa, mentre gli uomini si occupano di guerra e
caccia”. Lo scopo è sempre lo stesso: “trasferire
fatica e dolore a chi non è in grado di dire di no”.
Il calore, specialmente quello che dura implacabile
per tutto l’anno, ha un’altra conseguenza ancora
più deleteria: incoraggia la proliferazione di forme
di vita ostili dell’uomo. Gli insetti brulicano
quando sale la temperatura, e i parassiti maturano e
si riproducono più velocemente. Perciò, a dispetto
di quanto suggeriscono i poeti, osserva Landes,
“l’inverno è un grande amico dell’umanità: è il
grande killer bianco e silenzioso,
assassino di insetti e parassiti, sterminatore delle
pestilenze”.
Perché
le risorse naturali contano meno di quanto si pensa.
Lo stato di Israele, che non possiede riserve di
petrolio, è un paese molto più ricco di quasi tutti
i suoi vicini mediorientali che navigano nell’oro
nero. Il reddito procapite israeliano è di circa
16.000 dollari contro i 7000 dell’Arabia Saudita e i
1650 dell’Iran, e paesi poveri di risorse come la
Svizzera e il Giappone sono molto più ricchi della
fortunata Russia o dell’Angola, uno dei paesi più
ricchi di petrolio del mondo.
Com’è possibile? Per capire le ragioni di
questa disparità, non resta che guardare agli esempi.
Le “tigri asiatiche” sono povere di risorse
naturali, ma il loro cammino verso la prosperità,
iniziato con esportazioni ad alta densità di
manodopera, si è trasformato nel tempo in
esportazioni ad alta densità di tecnologia. I paesi
che hanno seguito questo processo sono diventati molto
più ricchi che nel passato. Inoltre, le economie
ricche di risorse naturali sono molto vulnerabili alle
oscillazioni nei prezzi delle materie prime che
producono, e non sempre sanno fare buon uso del
denaro che entra copiosamente nelle loro casse.
Gli economisti citano spesso gli effetti perversi dell’abbondanza
di risorse naturali come “Dutch Disease”, o
“malattia olandese”, riferendosi agli effetti
economici della scoperta di enormi riserve di gas
naturale avvenuta in Olanda negli anni ’50. Il picco
di esportazioni di gas naturali fece salire la ghinea
olandese (perché nel resto del mondo era aumentata la
richiesta di ghinee per acquistare il gas naturale
olandese), rendendo la vita dura agli altri
esportatori. Il governo impiegò i gettiti provenienti
dal gas per espandere le spese sociali, aumentando così
i costi del lavoro e di produzione. Per secoli gli
Olandesi erano stati commercianti e le loro
esportazioni rappresentavano più del 50% del PIL
nazionale, ma all’inizio degli anni ’70 gli
esportatori olandesi che non si occupavano di gas
naturale e che per decine di anni erano stati la spina
dorsale economia dell’Olanda, erano diventati molto
meno competitivi…
Perfino
ai nostri giorni, nonostante tutte le conquiste della
scienza e della medicina, la densità degli insetti
rende inabitabili vaste aree dell’Africa, rendendole
inadatte al bestiame e ostili all’uomo. Ne consegue
che l’insieme di questi fattori negativi scoraggia
il commercio intertribale e la comunicazione,
e “ha reso la vita urbana, con la sua dipendenza dal
cibo proveniente dall’esterno, praticamente
invivibile”.
… e chi ha l’acqua e chi no.
L’acqua è un altro grande problema. Nelle zone
tropicali le piogge sono in genere sufficienti, ma
“la loro cadenza è spesso irregolare e
imprevedibile, gli scrosci violenti, le gocce enormi e
il tasso di precipitazione torrenziale”. In questo
tipo di climi, le coltivazioni devono anche fare i
conti con la giungla e la foresta pluviale, tesori
della biodiversità che favoriscono tutte le specie
eccetto l’uomo e il suo limitato arsenale di
coltivazioni.
All’altro estremo, le zone secche si trasformano in
deserti e la sabbia diventa un invasore implacabile
che distrugge la terra fertile. Una buona risposta è
rappresentata dalla conservazione dell’acqua e
dall’irrigazione, ma queste regioni sono
caratterizzate da tassi incredibilmente elevati di
evaporazione. Infatti non è un caso “che la
civilizzazione abbia seguito il corso dei fiumi,
il Nilo, il Gange, il Tigri, l’Eufrate”.
Infine, abbiamo le catastrofi naturali, le
alluvioni, gli uragani, le siccità. La vita nei paesi
dal clima ostile è perciò “precaria, deprimente,
brutale”. Tuttavia, Landes ricorda che sarebbe un
errore considerare la geografia come un destino.
“La sua significanza può essere ridotta o superata,
ma sempre a un prezzo.
La scienza e la tecnologia sono la chiave: più
sappiamo, più possiamo fare per prevenire le malattie
e creare condizioni di vita e di lavoro migliori. Oggi
possiamo fare più di ieri, e la prognosi per le zone
tropicali è migliore che in passato. Tuttavia, i
miglioramenti in queste aree del pianeta richiedono
consapevolezza e attenzione. È ora di togliere gli
occhiali con le lenti rosa: ignorare il problema non
lo farà scomparire, né ci aiuterà a risolverlo”.
David
S. Landes, The Wealth and Poverty of Nations,
W.W.Norton & Company - New York, 1999
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