Etologia
dei miliardari
“Se gli
uomini vengono da Marte e le donne da Venere, da dove
vengono i ricchi?” Per Richard Conniff, la verità
è che i ricchi non appartengono a una specie diversa
dalla nostra, ma piuttosto a una sottospecie…
Ray
Boyd: “Cosa c’è che non va, mamma?”
Dorothy Boyd: “La prima classe, ecco cosa c’è che
non va. Una volta era solo un pasto migliore.
Adesso è
tutta una vita migliore.”
dal
film Jerry Maguire
Divertente
e ambizioso, Storia naturale dei ricchi è
l’ultimo lavoro di Richard Conniff, naturalista ed
editorialista del National Geographic. Puntando
sui miliardari uno sguardo da etologo, Conniff
conclude che l’osservazione dei loro comportamenti
è un’esperienza molto simile a una visita allo zoo.
Chi emerge dalla massa “non è molto diverso da
quello che gli antropologi chiamano aggrandizer
o “personalità tripla A”: avida,
aggressiva e accumulatrice”, o da ciò che
l’antropologo Brian Hyden definisce come persona
ansiosa “di massimizzare il loro potere e la loro
influenza accumulando cibi, beni e servizi
desiderabili”, cioè, spiega Conniff,
“tesaurizzando”.
“Osservando
i babbuini del branco C mi è parso che molti degli
elementi di base per una storia naturale della
ricchezza - l’arrampicamento sociale, il colpire
alle spalle, un’élite di maschi e femmine
alfa che stabiliscono i termini della vita quotidiana
per i subordinati sociali - esistessero già 30
milioni di anni fa. Manca solo, ovviamente, la
ricchezza”.
A
Conniff, l’idea di studiare i ricchi come una specie
a sé è venuta proprio dalla sua esperienza di
naturalista: “si sa che gli studiosi delle specie
animali si occupano principalmente degli individui
dominanti, e quando si tratta della razza umana ciò
significa focalizzare l’attenzione sui ricchi. Gli
studi fin qui realizzati suggeriscono che alcuni
meccanismi di sopravvivenza particolarmente
disgustosi, insieme ad altri, meno numerosi, un po’
meno disgustosi, si esprimono in modo particolarmente
intenso fra la gente facoltosa, foss’anche
semplicemente perché nel loro caso la posta in gioco
è sempre elevata. Di qui la necessità di una storia
naturale della ricchezza”. Strizzando l’occhio
alla correttezza politica e anticipando eventuali
accuse di darwinismo sociale, l’autore spiega di
essere mosso da una curiosità innocente, scaturita
dall’osservazione delle obiettive affinità tra i
ricchi e le scimmie: “se mi propongo di utilizzare
una forma aggiornata ed elegante di darwinismo non è
tanto per incensare o criminalizzare i ricchi, bensì
per comprenderli … In questo contesto il darwinismo
sarà per noi una sorta di guida ai comportamenti e
alle strategie dei ricchi: quali meccanismi evolutivi
gli consentono di accumulare così ingenti ricchezze?
In che modo applicano i comportamenti tipici dei
primati dominanti per conservare la loro ricchezza e
tradurla in status sociale? … Mi ero occupato
alternativamente di ricchi e di animali, spesso nel
giro di brevi intervalli di tempo. Difficile dire
quale dei due mondi fosse più pericoloso, ma
spostandomi continuamente dall’uno all’altro non
potevo non vedere le somiglianze. … Così ho
cominciato a chiedermi se non sarebbe stato possibile
ragionare sui ricchi da una prospettiva nuova - in
quanto animali, voglio dire.”.
Pur
mostrando comportamenti non dissimili dai maschi alfa
dei primati, quali l’aggressività, l’esibizione
dello status e la ricerca dell’attenzione, i
miliardari sono diversi dalle loro controparti animali
soprattutto nella produzione della prole; sebbene le
loro risorse gli forniscano infinite opportunità per
propagare il proprio seme, i ricchi tendono ad avere
pochi figli, per mantenere concentrata la ricchezza. Le
dinastie familiari rimangono insulari, e accurati
incroci tra simili provvedono a evitare dispersioni di
sangue e di denaro. Con qualche eccezione. Ted Turner,
per esempio, ha cinque figli “e li ama tutti e
cinque, a modo suo. A un giornalista ha detto:
“ormai ci sono, non posso mica sparargli””.
Diviso
tra il disprezzo per i nouveaux riches (“in
un decennio o due un Bill Gates qualsiasi può
trasformarsi da inutile tontolone della classe
medio-alta nel più ricco oligarca rimbambito del
mondo”) e un’inconfessabile venerazione per le
dinastie (“ai ricchi piaceva pensare, come disse una
volta John D, Rockefeller jr, che la loro ricchezza
fosse ‘lo sviluppo di una legge della natura e di
Dio’), Conniff finisce per essere ostaggio proprio
dei miti che vorrebbe ridicolizzare, come osserva
acutamente Catherine Bennett in The Guardian:
“se dobbiamo saccheggiare gli annali del
comportamento animale per migliorare la nostra
comprensione dell’umanità, il circondario dei
ricchi è senza dubbio il posto meno indicato per
cercare parallelismi. L’acquisizione della
ricchezza non ha alcun equivalente animale: gli
animali non accumulano, come spiega lo stesso Conniff,
a meno che non si tratti di pura sopravvivenza. Ma
persino se questa nuova branca della storia naturale
avesse qualche valore, ci sarebbero ancora dubbi
riguardo all’autorità di una guida che crede
nell’esistenza di una creatura chiamata Principessa
Fergie”.
Da
scimmie a magnati
“Discendenti
delle scimmie! Caro mio, speriamo che non sia vero.
Ma se lo è, perlomeno che non si sappia in giro”.
attribuito
alla moglie del vescovo di Worcester
Quanto
è ricco un ricco?
“I ricchi dicono spesso di voler essere persone del
tutto normali, con una vita normale. “Io voglio
solo essere di classe media”, recitava un
detto molto diffuso fra gli sconcertati nuovi
miliardari degli albori di Internet, alla fine degli
anni Novanta del secolo scorso. Più tardi, con loro
sommo orrore, lo sarebbero diventati. … “Un
patrimonio di un milione di dollari non è che
dignitosa povertà”, affermava nel 1888 una figura
di primo piano fra i 400 più ricchi di New York. …
Allora, qual è il numero magico che ci autorizza a
considerarci ricchi? La mia opinione personale, a
prescindere da tutti i sondaggi e da tutti i parametri
socioeconomici, è che anche qualcosa meno di un
milione di dollari l’anno non è poi così male. Uno
stipendio di 500.000 dollari l’anno può non essere
sufficiente, dato che ci impone ancora di timbrare un
cartellino e di baciare qualche fondoschiena
altolocato: ma se la stessa cifra proviene dalle
cedole di fondi investiti in borsa, la cosa comincia a
suonare piacevolmente indipendente”.
“I
soldi non mi interessano”
“Quella frase, me la sono sentita ripetere talmente
spesso, e a volte con un accento così sinceramente
annoiato all’idea di guadagnare un altro miliardo,
che a un certo punto mi sono convinto che non fosse
soltanto una bugia. I soldi … sono ovviamente
fondamentali. Ma una volta passato il primo raptus di
pura estasi monetaria la gente sembra scoprire che i
soldi di per sé non sono abbastanza. La questione
invece di cosa se ne possa fare, di cosa si possa
diventare grazie al denaro, non passa mai di moda.
“Non bisogna ingannarsi”, disse una volta un
banchiere, “in realtà la questione centrale è
sempre l’amore”. Ma la mia formazione di
naturalista mi porta a credere che, in fondo, la
questione centrale debba avere a che fare con ciò che
governa il comportamento degli animali dominanti in
tutto il mondo naturale: e cioè il controllo, il
dominio, le opportunità di accoppiamento e
soprattutto lo status. I soldi sono semplicemente
ciò che ti permette di sederti al tavolo da
gioco: e il costo del biglietto varia parecchio a
seconda dell’ambiente”.
Spirituali
ma realistici…
”Ci sono quattro tipi di felicità adatti a chi
conduce una vita familiare e gode del
piacere dei sensi. Essi sono la felicità che
deriva dalla proprietà (atthisukha), la felicità che
deriva dal godimento (bhogasukha), la felicità che
deriva dalla libertà dai debiti (ananasukha), e la
felicità che deriva dall’essere irreprensibili (anavajjasukha).”
Buddha
Deprivazione
relativa
“In
un recente sondaggio condotto fra persone con un
patrimonio netto fra 1 e 4 milioni di dollari, solo il
9 per cento si è detto in condizioni prospere. Tutti
gli altri si definivano benestanti o al massimo
“molto benestanti”. Circa la metà degli
intervistati poneva la soglia della ricchezza sui 5
milioni di dollari o più. … ‘Quando guardo quelli
che hanno 3 o 4 miliardi’, si lamentava il
quasi-centomilionario Peltz qualche tempo fa, ‘non
posso fare a meno di domandarmi: dove ho sbagliato?’.
Così è la ricchezza: sempre a fare ciao ciao
con la manina in un luogo situato appena fuori dalla
nostra portata”.
La
pseudo-specie
Ciò
che lo zoologo austriaco Konrad Lorenz ha chiamato
‘pseudo-speciazione culturale’, è “la tendenza
dei gruppi umani a dividersi in unità sociali
distinte, simili alle specie, e a creare barriere di
separazione dagli altri gruppi. Questo processo,
ovviamente, è ‘immensamente più veloce’
dell’evoluzione delle specie biologiche. Secondo
Lorenz, ci vogliono alcune generazioni ‘ per dare
alle norme sociali e ai riti di gruppo la stabilità e
una certa inviolabilità’.
Quando Lorenz ne scriveva, negli anni Sessanta
del secolo scorso, molte tribù indigene sembravano
aver raggiunto questa stabilità. Ma più di qualsiasi
altro raggruppamento umano esistente sono proprio i
ricchi ad averla conquistata più saldamente. Lo
stesso Lorenz, nato in una famiglia benestante,
esponeva le sue osservazioni sulla pseudo-speciazione
basandosi sui comportamenti della classe privilegiata:
‘quando incontro un uomo che parla con l’accento
nasale, decisamente snob, del vecchio
Schotten-Gymnasium di Vienna, non posso evitare di
sentirmene attratto: e sono curiosamente incline a
fidarmi di lui…’. … Konrad Lorenz chiama
“il lato oscuro della pseudo-speciazione” la
tendenza a considerare irrilevanti, poco informati o
addirittura scarsamente umani coloro che non fanno
parte del club. Si tratta di una tendenza
assolutamente naturale. Implicitamente lo fanno anche
le tribù indigene, come ha segnalato lo stesso Lorenz,
quando nella loro lingua usano termini corrispondenti
a “uomini” o “gente” per identificare soltanto
se stessi: “Dal loro punto di vista, in senso
stretto non è cannibalismo mangiare i
guerrieri delle tribù nemiche catturati in
battaglia””.
Felicità
e potere d’acquisto
In una scala che va da 1 a 7, e in cui 1 corrisponde a
“non sono per niente soddisfatto mia vita” e 7
corrisponde a “sono completamente soddisfatto”, il
punteggio medio dei 400 uomini più ricchi d’America
intervistati da Forbes è risultato essere 5.8.
Come quello degli Inuit della Groenlandia del nord e
dei Masai del Kenia. Più sottili le autovalutazioni
indiane: gli abitanti degli slums di Calcutta,
uno dei posti più derelitti della terra, hanno un
punteggio medio di 4.6, molto più alto degli homeless
(senza casa) della stessa città, che hanno un
punteggio di 2.9. Ma c’è un vantaggio nell’essere
più ricchi degli altri? Gli economisti hanno cercato
di trovare misure più ampie della felicità rispetto
alla sola ricchezza, e hanno scoperto che avere un
impiego rende più felici che essere disoccupati, così
come contribuiscono alla felicità personale
l’inflazione bassa, l’essere sposati rispetto
all’essere single, essere una coppia senza
figli piuttosto che con prole, essere donne piuttosto
che uomini e bianchi piuttosto che negri, istruiti
piuttosto che incolti, lavoratori autonomi piuttosto
che dipendenti, piuttosto che lavoratori. In genere,
sostengono gli economisti, la felicità diminuisce
fino all’età di trent’anni, poi inizia a
risalire.
Darwin
“In
un certo senso, i ricchi sono un indovinello
biologico. … La ricchezza è una condizione
innaturale, e il comportamento dei ricchi è spesso la
conseguenza di un fallimento adattativo - cosa che in
genere porta più facilmente all’estinzione che al
trionfo evolutivo. … Ma in fondo tutto ciò è solo
aria fritta. In fondo noi ci crogioliamo tanto nei
fallimenti e nelle crisi dei ricchi per una sorta di
sciacallaggio innato. Se non possiamo essere dei loro,
ci consoliamo pensando che i ricchi siano dei
disadattati e vivano nella più nera disperazione in
mezzo ai loro soldi … Nell’insieme credo di poter
dire che i ricchi non sono affatto un branco di
incompetenti irrimediabilmente inchiodati a una sorta
di lacuna evolutiva. Anzi, in termini puramente
darwiniani direi che somigliano a una stirpe di
vincitori”.
Chi
comanda qui?
“Nelle
lagune poco profonde che circondano il lago Tanganika
vive uno strano pesciolino … miserevole e tormentato
… di colore grigiastro. Ma non appena riesce a
soppiantare un dominante, l’ex subordinato diventa
improvvisamente di un giallo brillante o di un bel blu
elettrico; nelle settimane successive le sue cellule
cerebrali si moltiplicano fino a diventare otto volte
tante e danno origine a processi chimici che portano
al completo sviluppo sessuale: il nostro pesciolino
acquista cioè l’equivalente di ciò che gli
spagnoli chiamano cojones. … Sarebbe bello se
la dominanza fosse altrettanto riconoscibile
anche tra gli umani. … E’ il dilemma che lacera
l’animo di ogni maître d’hôtel: è lecito
cercare furtivamente segnali secondari di dominanza
prima di lanciarsi nella più servile adulazione?”
“Il
padre di Donald Trump aveva l’abitudine di
canticchiare a ogni occasione: “Tu sei un killer
… tu sei un re”. Ma anche questo genere di background
non ci permette di prevedere quasi nulla: un
ragazzo può diventare Paperone e un altro un semplice
ubriacone. In realtà non abbiamo la più pallida idea
di quale miscela di natura ed educazione produca
individui dominanti”.
Dominanza
“Così
come avviene in altre specie anche per gli esseri
umani la dominanza può nascere da una reputazione di
ferocia, ma altrettanto spesso deriva da una
reputazione di filantropia. Per quanto possa sembrare
strano, a volte la dominanza può dipendere
semplicemente da saper fare i simpatici. O da tutte
queste cose insieme. … La gente ricca, come i
babbler (una varietà di uccellini) ha varie modalità
per ottenere ciò che vuole. Può farlo con
l’aggressività, rischiando di suscitare la collera
dei perdenti, oppure può ricorrere a ciò che alcuni
psicologi hanno chiamato “dominanza prosociale”,
cioè all’offensiva del fascino. … Gli
individui dominanti imparano a utilizzare tecniche
prosociali come la contrattazione, il compromesso, la
cooperazione e gli appelli all’amicizia per
mantenere l’armonia senza cedere il monopolio delle
risorse. Sono simpatici in maniera manipolatoria.
Nella vita quotidiana, i tratti prepotenti sembrano
(invece) indicare una mancanza di dominio.
…L’impiego di questi strumenti segue in genere due
schemi fondamentali, uno aggressivo, l’altro
gentile: uno basato sul brandire un grosso bastone,
l’altro sull’essere iscritti al club giusto; uno
sulla forza, l’altro sulla seduzione”.
Minus
quam…
“I
soggetti dominanti si tuffano nelle competizioni con
le sopracciglia alzate e il mento in su, gli occhi
fissi in quelli degli avversari. Questa cosiddetta “faccia
da plus” contribuisce a produrre un esito
vittorioso nel 66% dei casi, mentre la “faccia da
minus”, con occhi e mento abbassati, porta alla
vittoria in meno del 10% dei casi”.
Destini
biologici
“La
dominanza riesce ad arrivarci sottopelle in molti
modi, e la cosa è dimostrata in maniera evidente da
un ormone chiamato cortisolo. … Un picco nei livelli
di cortisolo è essenziale per fronteggiare un serio
stress mentale o fisico. Negli individui dominanti il
cortisolo tende a schizzare in alto in presenza di una
minaccia per poi tornare spontaneamente un livello di
quiete relativamente basso. Gli individui che
presentano questo profilo tendono in maniera
paradigmatica a ignorare i falsi allarmi e a reprimere
con aggressività le minacce vere. Gli essere umani
gregari, come i topi subordinati, hanno invece
un profilo inverso: livelli di cortisolo
cronicamente elevati dallo stress in condizioni di
quiete e picchi poco pronunciati al momento del
bisogno. Ogni falso allarme li rende isterici, e non
hanno mai quel che gli serve per affrontare una
minaccia veramente seria”.
Le citazioni sono tratte da
Richard Conniff, Storia naturale dei ricchi.
Etologia dei miliardari - Garzanti, 2004
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